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[Recensione] The Mandalorian 3 – Chapter 18: The Mines of Mandalore

Ecco la nostra recensione per il diciottesimo capitolo della serie The Mandalorian, The Mines of Mandalore.


The Mandalorian 3 Chapter 17: The Mines of Mandalore, ecco la recensione dei redattori Empira

ATTENZIONE! LE RECENSIONI CONTENGONO SPOILER!

The mandalorian

Manuel Bettuzzi

C’è davvero tanto, tanto da dire su questa terza stagione di Mando che è partita a dir poco a razzo.


Secondo me questa stagione doveva essere molto diversa, come se qualche piano in piena corsa sia cambiato e tutto modificato. Le tre puntate di The Book of Boba Fett dove vediamo il Mandaloriano come protagonista sembrano essere l’apertura perfetta per questa terza stagione, mentre questi primi 2 episodi sembrano un cocktail esplosivo di come la stagione avrebbe dovuto svolgersi.


La narrazione è serrata, ricca, carica di lore e avvenimenti. Nessuna scena o dialogo è a caso. Tutto porta ad un avvenimento che in qualche modo è importante. Una stagione che sembra essere nettamente più “orizzontale” e non verticale come le altre due, dove missioni secondarie portavano Din Djarin e Grogu da una parte all’altra della Galassia. Qui tutto sembra portare a Mandalore, alla sua riconquista e al ricongiungersi dei mandaloriani sparsi per la Galassia.


Adoro questo ritmo, tutta questa lore, questa svolta dark a tratti inquietante che è stata data a questa stagione. Questo è esattamente quello di cui IO avevo bisogno. D’altro canto però, non posso biasimare chi lamenta un ritmo troppo elevato e la troppa carne al fuoco. Questo ultimo punto lo ritengo collegato al discorso che facevo sopra, come se tutto fosse stato tagliato e ridotto per fare spazio a un’altra storia che vedremo svilupparsi nel resto della serie. Stando al trailer e a quello mostrato in The Book of Boba Fett, dovevamo arrivare dove siamo ora a fine stagione, Din Djarin si è immerso nelle acque sacre di Mandalore e non felice, ha anche risvegliato il Mitosauro. Insomma… WOW. Ma ora? Cosa succederà?


Sappiamo dal trailer che arriverà l’Impero, con esso anche Moff Gideon; insieme a loro sappiamo anche che un gruppo ben assortito di Mandaloriani andrà su Nevarro e affronterà quelli che oggi sappiamo essere Pirati. Ma la storia di questa stagione non può girare intorno a questi due singoli eventi, la ramo di trama che riguarda l’Impero dovrà essere più profondo e farci fare un altro passo verso la sequel e la nascita del Primo Ordine e, perché no, la clonazione dei force user dove sappiamo che Grogu ha avuto un ruolo chiave.
Insomma fino ad ora una stagione davvero super, sotto ogni aspetto. Regia fantastica, musiche assolutamente sublimi e ambientazioni davvero mozzafiato. Il lavoro svolto dall’ormai immortale Phill Tippet è strepitoso, è come ritrovarsi in un mix tra Star Wars e LOTR, dove Moria non è altro che una Mandalore distrutta dall’Impero e nelle sue profondità, nasconde un essere che rimarrà negli annali del cinema.


Premesse incredibili, per quella che potrebbe rivelarsi senza dubbio la stagione più ricca di lore di sempre. Non ci resta che attendere mercoledì prossimo e vedere cosa hanno in serbo per noi. Intanto… BEN TORNATO GUERRE STELLARI.

Marco Puglia

Dopo un primo episodio denso di personaggi, luoghi ed eventi, il secondo si distende in una narrazione orizzontale, seguendo quello che avevamo intuito essere l’obiettivo principale del nostro mandaloriano: redimersi e tornare ad abbracciare il credo.

Personalmente preferisco molto più le trame orizzontali a quelli verticali e, pur non disdegnando queste ultime, che rappresentano delle belle parentesi all’interno di una serie, con lo scopo spesso di approfondire certi personaggi o semplicemente di evadere momentaneamente dalla trama principale, quando una serie diventa troppo procedurale (a meno che non sia pensata in questo modo), mi sembra non si stia facendo abbastanza per arrivare al punto.

The Mandalorian nelle scorse stagioni ci ha presentato una sottile trama orizzontale, con diversi episodi verticali che non mi sono dispiaciuti, ma che speravo avrebbero presto lasciato spazio a una orizzontalità più presente e finalmente questa terza stagione sembra andare in questa direzione.

In realtà forse siamo arrivati un po’ troppo velocemente a quello che poteva essere un ottimo finale di stagione: l’arrivo su Mandalore, ma forse la spiegazione deve essere cercata nel progetto The Book of Boba Fett, che ha “rubato” tre episodi a questa serie portando nel secondo episodio quello che sarebbe potuto succedere nel quinto.

Detto questo però, gustiamoci quello che abbiamo, godiamo di una storia che si è fatta molto interessante e di personaggi che stanno guadagnando sempre più spessore.

Cominciamo però con quello che non mi è piaciuto. The Mandalorian è una serie di altissimo livello, ma non è perfetta e a volte scivola in qualche piccola imperfezione che però non rovina il piacere della visione. Preferisco iniziare subito con queste due piccole sbavature, per poi concentrarmi sugli aspetti positivi che sono molto più interessanti.

Nell’episodio precedente mi sono chiesto come mai Din Djarin insista così tanto per riparare IG-11 e in questo secondo c’è un tentativo di spiegazione che però cade nel vuoto quando si convincere, troppo facilmente, a scegliere un altro droide che alla fine non servirà nemmeno per quello che sembrava un compito fondamentale. Davvero strana come scelta narrativa.

Il secondo dubbio l’ho avuto nei confronti di Bo Katan quando Grogu torna per chiedere aiuto. Sembrava assolutamente convinta di non voler più avere a che fare con il mandaloriano e raggiunge l’astronave intenzionata a cacciarlo in malo modo, ma poi è sufficiente la richiesta di aiuto del piccolo per farle cambiare idea, forse è stata l’analisi dei dati del droide? Può essere, ma non mi sembrata molto convincente come motivazione.

Parlando invece di quello che ho apprezzato, non posso non iniziare con i tre veri protagonisti, ognuno dei quali sta evolvendo e prendendo consapevolezza di sé e del proprio posto nell’universo.

Din Djarin è deciso a raggiungere il suo obiettivo, tornare ad essere parte integrante del credo mandaloriano e per questo l’immersione nelle acque viventi è un passaggio fondamentale. Ma il suo percorso non è ancora finito perché non solo il rito è stato bruscamente interrotto, ma forse qualche dubbio si è instillato nella sua mente.

Bo Katan, vera rivelazione di questo episodio, ci racconta di se stessa, della sua storia, delle sue paure e delle sue aspirazioni. Dopo un primo episodio in cui l’abbiamo vista disillusa e stanca, grazie anche al mandaloriano, sembra aver trovato una strada e sono convinto farà di tutto per seguirla.

Grogu sta crescendo, lentamente, ma sta crescendo. Il periodo passato con Luke Skywalker gli è servito per imparare le vie della forza, ma l’affetto che lo lega a Din Djarin lo guida nelle sue scelte e probabilmente lo porterà lontano alla via dei Jedi, mantenendone però la sostanza.

Ma non c’è solo questo nel secondo episodio. La parentesi comica con il personaggio di Peli Motto è sempre divertente e strappa ogni volta un sorriso. Mi piace molto la sua caratterizzazione e vorrei vederla in ogni puntata.

Abbiamo una bellissima parentesi in stop motion realizzata da quella fantastica persona che risponde al nome di Phil Tippet e che ha realizzato la creatura che cattura il mandaloriano animandola con le sue abili mani. Ammetto di averlo scoperto solamente dopo aver visto l’episodio e ne sono rimasto assolutamente entusiasta, anche perché la qualità è davvero altissima.

Il colpo di scena finale comincia a svelarci qualcosa di cui si parla da decenni, senza sapere se la sua esistenza sia qualcosa di reale o meno: il mitosauro. Una creatura che rappresenta il simbolo dei mandaloriani e che secondo la profezia avrebbe dato vita a una nuova era per Mandalore.

Non manca nemmeno l’azione che coinvolge Bo Katan e Din Djarin, costretti a scontrarsi con alcune creature che interrompono brevemente il loro cammino ed è in questi momenti che viene sollevata, in qualche modo, la questione della Dasksaber, un oggetto tanto ambito e che dona al suo possessore l’autorità di guidare il popolo mandaloriano.

Nonostante la difficoltà nell’utilizzarla, al momento è nelle mani di Din Djarin, ma questo non impedisce a Bo Katan di utlizzarla al meglio delle sue possibilità e di restituirla, forse non proprio con tanta leggerezza. Chi ne diventerà alla fine il proprietario, chi avrò la capacità di brandirla e portare a compimento lo scopo per cui esiste?

Questo forse è uno dei temi che questa stagione potrebbe portare in scena: l’unione del popolo mandaloriano, diviso e disperso in tutta la galassia, con un leader pronto a guidarli e a vendicarli nei confronti dell’impero, responsabile delle devastazioni che hanno portato alla distruzione del loro pianeta natale durante la purga.

Fabio Pupin

Sapevamo tutti che il Mando sarebbe andato da Peli Motto a cercare i pezzi di IG-11. Sicuramente molti di noi si aspettavano anche che questa missione secondaria si sarebbe presa più spazio. Invece, per quanto con gli strascichi della fretta del precedente capitolo, la faccenda si risolve facile: c’è R5-D4, possiamo andare. Andare su Mandalore. Così, di botto. Però a ‘sto giro ci sta, non è fretta, non sono pezze, è lucidità. È la porta che si apre. È il capitolo in cui le cose si fanno serie.

In redazione ho chiesto se fosse l’episodio più bello di tutti. Dopo enne visioni direi (anch’io) di no, ma è sicuramente un episodio importante. Forse addirittura di svolta, anche se capiremo quanto, quando e come più avanti. Non si torna più indietro. Certo, magari ci aspettano ancora capitoli filler, momenti frettolosi eccetera, non è quello il punto. Non è la svolta verso una fantomatica perfezione. Ma non è più solo la missione del Mando. La posta in gioco non è più solo la sua redenzione, ma quella di Mandalore. Tutti i Mandaloriani dovranno fare i conti con l’esito della sua quest. Ha cominciato Bo-Katan, mettendo sulla bilancia il suo modo di essere Mandaloriana, la sua idea di Mandalore e la sua speranza perduta (ok, e anche un vulgar display of power da manuale, cazzocazzocazzo). Le fazioni dovranno confrontarsi. Non sappiamo ancora se l’inerzia del passato sarà inarrestabile o se, invece, la necessità di sopravvivere e resistere prevarrà. Tutti dovranno rinascere.

Nel frattempo fa un salto di livello anche il rapporto tra il Mando e Grogu. Quest’ultimo è adorabile, è piccipicci e fa vendere tanti peluche, ma per molti è anche una zavorra. O era, spero. Perché nel frattempo (grazie salti temporali che sembrano buttati lì a caso e invece no) è diventato allievo (utile per gli spiegoni, se siete così cinici) e compagno di avventure. È ancora un bimbetto ovviamente, ma decisamente non è più solo un fagotto. Ed è un Mandaloriano. Ricordatevelo, quando dovrete scommettere su chi piloterà il quantocazzoègrossosauro.

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